lunedì 28 aprile 2014

Pensiero per il Primo Maggio 2014

“Compagni, smettete di trincerarvi dietro le masse! Smettete di razionalizzare le vostre paure per la smisurata violenza del sistema come un problema di comunicazione! Smettete di spacciare la vostra perplessità per erudizione, la vostra impotenza per lucidità!
Abbiate il coraggio di combattere, abbiate il coraggio di vincere!
Disintegrate e frantumate le forze dell’imperialismo!
L’obbligo di ogni rivoluzionario è di fare la rivoluzione!”
Ulrike Meinhof, 31 maggio ’72, Aula IV dell’Università di Francoforte

 Ulrike Meinhof

sabato 26 aprile 2014

I silenzi dei genitori e quelli dei figli


Qualcuno crede ancora nella spinta propulsiva della famiglia? Alzi pure la mano; se lo fa lealmente non avremo certo difficoltà di conteggio per stabilirne il numero. Prima però stabiliamo un po’ di regole:
-          Non contano i politici, i politicanti e lo stuolo di reggicoda che bazzicano nei dintorni. Quando non sanno più cosa dire è la famiglia il due di briscola da calare per ingraziarsi gli ultimi rimasugli di potenziali simpatie.
-          Per motivi simili, ma non solo, non contano le falangi di preti, suore, monache e prelati che, in questi tempi sbandati, le tentano tutte per acchiappare qualche“pesce”.
-          Fuori dal conteggio pure gli opportunisti e gli ignavi, individui che se Dante mise nell’anticamera del suo Inferno, qualche motivo l’avrà pure avuto; figuriamoci oggi!
-          Fuori i figli microfonati, che non salutano, che danno del tu a chi nemmeno conoscono, aprono il frigo e mangiano quando vogliono, studiano per la nota e il foglio di carta in camere attrezzate come call center.
-          Stessa sorte per i genitori che parlano solo di lavoro e carriera. Muti a tavola perché “quando si mangia non si parla”, e muti anche quando i pargoli si sdraiano sui sedili dei mezzi pubblici occupando più posti.
-          Fuori infine gli studenti che si riconoscono, stando magari zitti, nel giovanotto di quarta liceo (indirizzo economico!) che garantisce al docente la propria disponibilità a fare il guardiano di qualunque lager se lo stipendio fosse ottimo.
Ecco, stralciati quelli che s’identificano nelle “doti “esposte, resta a mala pena il numero per formare la rosa ufficiale di una squadra di calcio. Risultato incoraggiante se non fosse per gli ostacoli che incontrerebbe a iscriversi ai vari tornei, trovare finanziatori, equità negli arbitri e pubblico sportivo durante le trasferte.
In ogni caso sarebbe destinata a lottare sempre per non retrocedere, da cosa poi non si capisce bene.

giovedì 24 aprile 2014

Il Fidel Castro che io conosco

 Un ritratto del presidente cubano  tratteggiato dal grande scrittore colombiano, Gabriel Garcìa Marquez

 (Fonte:"SEMANARIO REBELDE" (8/7/2004). TITOLO ORIGINALE: "EL FIDEL CASTRO QUE YO CONOZCO".




- La sua devozione per la parola.

- Il suo potere di seduzione.

- Sa dove cercare i problemi.

- L’ispirazione impetuosa è propria del suo stile.

- Le sue letture riflettono molto bene l’ampiezza dei suoi gusti.

- Ha smesso di fumare per avere autorità morale nella lotta contro il tabagismo.

- Gli piace realizzare ricette di cucina con una specie di fervore scientifico.

- Si mantiene in eccellenti condizioni fisiche con varie ore di ginnastica quotidiana e con il nuoto.

- Pazienza invincibile.

- Disciplina ferrea. 

- La forza dell’immaginazione lo attrae verso gli imprevisti.

- Imparare a riposare è tanto importante quanto imparare a lavorare. Affaticato dalla conversazione, riposa conversando.

- Scrive bene e gli piace farlo.

- Il maggiore sprone della sua vita è l’emozione del rischio.

- La tribuna dell’improvvisatore sembra essere il suo perfetto ambiente naturale. Inizia sempre con voce appena percepibile, con un avvio incerto, ma profitta di qualsiasi lampo per guadagnare terreno, palmo a palmo, fino a che, con una specie di grande zampata, inchioda l’uditorio. È l’ispirazione: lo stato di grazia irresistibile e abbagliante, che negano solo quelli che non hanno avuto la gloria di viverlo.

- È antidogmatico per eccellenza.

- José Martí è il suo autore preferito e ha avuto il ruolo di incorporare il suo complesso di idee al torrente sanguigno di una rivoluzione marxista.

- L’essenza del suo pensiero potrebbe essere nella certezza che lavorare con le masse vuol dire fondamentalmente occuparsi degli individui. Questo potrebbe spiegare la sua fiducia assoluta nel contatto diretto.

- Ha una lingua per ogni occasione e un modo diverso di persuasione a seconda dei diversi interlocutori. Sa mettersi a livello di ognuno e dispone di una informazione vasta e varia che gli permette di muoversi con facilità in qualsiasi ambiente.

- Una cosa si sa con sicurezza: ovunque, comunque, con chiunque sia, Fidel è lì per vincere.

- Il suo atteggiamento verso la sconfitta, anche nei più piccoli atti della vita quotidiana, sembra obbedire ad un logica personale: non l’ammette, e non ha pace fino a che non riesce ad invertire i termini e convertirli in vittoria.

- Nessuno è più ossessivo di lui quando si mette in testa di giungere al fondo di una qualsiasi cosa.

- Non conosce progetto, colossale o millimetrico, in cui non si impegni con una passione accanita. Specialmente se deve affrontare un’avversità. Mai come in questo caso appare in migliore forma, di migliore umore. Una persona che crede di conoscerlo bene un volta gli disse: "Le cose devono andare molto male, perché lei è brillante".

- Le reiterazioni sono uno dei suoi modi di lavorare. Per esempio: il tema del debito estero dell’America Latina era apparso la prima volta, nei suoi discorsi, un paio di anni fa; poi si è andato evolvendo, ramificando, approfondendo. La prima volta ne parlò come fosse una semplice conclusione aritmetica: il debito era impagabile. In seguito comparvero, per gradi, altre osservazioni: le ripercussioni del debito sull’economia dei Paesi; il suo impatto politico e sociale, la sua influenza decisiva per le relazioni internazionali, la sua importanza provvidenziale per una politica unitaria dell’America Latina… fino ad una visione complessiva, che espose in una riunione internazionale convocata in merito e di cui il tempo ha dimostrato la validità.

- La sua più rara virtù di politico è la facoltà di intravedere l’evoluzione di un fatto fino alle conseguenze remote, facoltà che non esercita per illuminazione, ma come risultato di un ragionare arduo e tenace.

- È assistito in modo sommo dalla memoria, che usa fino ad abusarne nel sostenere discorsi o chiacchierate private con ragionamenti incalzanti e operazioni aritmetiche di incredibile rapidità. Chiede in soccorso una informazione incessante, ben masticata e digerita.

- Comincia ad accumulare informazioni da quando si sveglia. Fa colazione con non meno di 200 pagine di notizie dal mondo intero. Durante il giorno gli fanno giungere informazioni urgenti ovunque si trovi, legge ogni giorno una cinquantina di documenti e a questo si devono aggiungere i rapporti dei servizi ufficiali e dei suoi visitatori, e tutto quanto possa interessare la sua curiosità infinita.

- Le risposte devono essere esatte, perché è capace di scoprire la minima contraddizione in una frase casuale.

- Altra sua fonte di vitale informazione sono i libri. È un lettore vorace. Nessuno si spiega come gli avanzi del tempo, né quale metodo adotti per leggere tanto e con tanta velocità. Lui sostiene che non ha nessun metodo speciale. È capitato molte volte che abbia preso in mano un libro una mattina e la mattina dopo lo abbia commentato. Legge l’inglese ma non lo parla. Preferisce leggere in spagnolo e a qualsiasi ora è disposto a leggere un foglio che gli capiti tra le mani.

- È lettore abituale di temi economici e storici. È un buon lettore di letteratura e la segue con attenzione.

- Ha l’abitudine di porre interrogativi rapidi, domande in successione, a raffica, fino a scoprire il perché del perché del perché finale.

- Quando un ospite latinoamericano gli dette un dato approssimativo sul consumo di riso dei suoi compatrioti, egli fece i suoi calcoli mentali e disse: Che strano che ognuno consumi più o meno quattro libbre di riso al giorno!

- La sua tattica principe è quella di chiedere su cose che sa per confermare i dati in suo possesso. In qualche caso per misurare il calibro del suo interlocutore e trattarlo di conseguenza. Non perde occasione di informarsi.

- Durante la guerra in Angola descrisse una battaglia con tale minuziosità, in un ricevimento ufficiale, che fu difficile convincere un diplomatico europeo che Fidel Castro non aveva partecipato ad essa. La relazione che fece della cattura e dell’assassinio del Che, quella che fece dell’assalto al palazzo de la Moneda e della morte di Salvador Allende o quella che fece sui disastri del ciclone Flora furono grandi reportages parlati.

- La sua visione dell’America Latina nel futuro è la stessa di Bolívar e Martí, un’unica comunità autonoma, capace di muovere i destini del mondo.

- Il Paese del quale sa di più dopo Cuba sono gli Stati Uniti. Conosce a fondo l’indole degli statunitensi, le loro strutture di potere, le seconde intenzioni dei loro governanti, e questo lo ha aiutato a destreggiarsi nella tormenta incessante dell’embargo.

- In un’intervista di varie ore si sofferma su ogni tema, si avventura per sentieri impensati senza mai esimersi dalla precisione, cosciente che una sola parola usata male può causare danni irreparabili. Non si è mai rifiutato di rispondere a delle domande, per provocatorie che fossero, né ha mai perso la pazienza.

- Gli nascondono la verità per non causargli maggiori preoccupazione di quelle che ha: lo sa. A un funzionario che lo fece, egli disse: Mi nascondono delle verità per non inquietarmi, ma quando alla fine lo scopro mi sento morire per l’impressione di dover affrontare tante altre verità che possono aver tralasciato di dirmi. Le più gravi, tuttavia, sono quelle che mi vengono nascoste per coprire deficienze, perché, a fianco degli enormi successi che sostengono la Rivoluzione – successi politici, scientifici, sportivi, culturali – c’è una incompetenza burocratica colossale che riguarda quasi tutti gli ordini della vita quotidiana, e in special modo la felicità della vita familiare.

- Quando parla con la gente della strada, la conversazione riacquista l’espressività e la franchezza diretta degli affetti reali. Lo chiamano per nome: Fidel. Gli si fanno intorno, gli danno del tu, ci discutono, lo contraddicono, lo chiamano, in un canale di trasmissione immediata attraverso il quale circola la verità a fiotti. È allora che si manifesta l’essere umano insolito, che il riflesso della sua stessa immagine non lascia vedere. È questo il Fidel Castro che credo di conoscere: un uomo dagli austeri costumi e illusioni insaziabili, con una formale educazione all’antica, dalle parole prudenti e dai modi garbati, incapace di concepire idea che non sia fuori del comune. Sogna che i suoi scienziati trovino il farmaco risolutivo contro il cancro e ha creato una politica estera da potenza mondiale in un’isola 84 volte più piccola del suo principale nemico.

- È convinto che l’obiettivo maggiore dell’essere umano sia la buona formazione della coscienza e che gli stimoli morali più che quelli materiali siano capaci di cambiare il mondo e far fare passi avanti alla storia.

- L’ho ascoltato, nei suoi rari momenti di rimpianto, evocare le cose che avrebbe potuto fare in un altro modo per dare più tempo alla vita.

- Quando, nel vederlo schiacciato dal peso del destino di tanti altri, gli ho chiesto cosa era quello che più avrebbe voluto fare in questo mondo, mi ha risposto di getto: rifugiarmi in un angolo.

martedì 15 aprile 2014

USA: Come si tratta un ex candidato al Nobel per la pace

Bradley Manning (1987) è un militare, informatico e attivista statunitense con cittadinanza britannica.
Accusato di aver scaricato decine di migliaia di documenti riservati mentre svolgeva il suo incarico di analista informatico in Iraq e di averli rilasciati all'organizzazione WikiLeaks, è stato arrestato, imputato di svariati reati contro la sicurezza nazionale e detenuto in condizioni considerate lesive diritti umani. Il suo caso ha suscitato un acceso dibattito in quanto quei dossier riguardavano l'omicidio di diversi civili disarmati da parte dell'esercito americano. Nell'agosto 2013 è stato condannato a 35 anni di carcere.
Nel 2011 e nel 2012 viene candidato al premio Nobel per la pace.

Accusa e detenzione

Nel maggio 2010 l'hacker Adrian Lamo denuncia Bradley Manning alle autorità militari, asserendo che Manning, in una conversazione via chat, gli confidò di aver passato a Julian Assange una serie di documenti confidenziali tra cui il video Collateral Murder (in cui due elicotteri Apache americani attaccano uccidendo 12 civili disarmati), ai quali aveva accesso dalla sua workstation. Dopo pochi giorni Bradley viene arrestato e tenuto in custodia in Kuwait per due mesi. Il 29 luglio viene trasferito nel carcere militare di Quantico, in Virginia.
Dopo dieci mesi di isolamento in quel carcere, è stato trasferito a Fort Leavenworth a seguito della pressione internazionale sulle sue condizioni di detenzione. Ciò nonostante, ancora nel marzo 2012, Juan Mendez ha formalmente accusato gli Stati Uniti di trattamento crudele, disumano e degradante per la forma di detenzione inflitta a Manning.
L'avvocato e opinionista Glenn Greenwald ha denunciato  le condizioni inumane a cui è sottoposto il soldato, che per gli standard di alcuni paesi costituirebbero tortura, sottolineando che Manning non è stato condannato per alcun reato.
David House, informatico e ricercatore, che visita Bradley due volte al mese, riferisce che Manning viene tenuto in isolamento per 23 ore al giorno, dorme con le luci accese e viene controllato ogni cinque minuti. Inoltre è costretto a dormire indossando soltanto un paio di pantaloncini, esponendo la pelle a diretto contatto con una coperta molto simile a un tappeto. Durante la notte viene svegliato dalle guardie se non completamente visibile. L'unica forma di esercizio consentitagli consiste nel camminare in circolo in una stanza per un'ora al giorno, e viene incatenato durante le rare occasioni in cui può ricevere visite. David House riferisce anche che le sue condizioni di salute psicofisica sono in peggioramento e che Bradley è catatonico.
A marzo il portavoce del dipartimento di stato americano PJ Crowley si dimette in seguito alle sue dichiarazioni riguardo al trattamento di Bradley Manning, da lui definito "ridicolo, controproducente e stupido".

Nota personale

A parte il solito silenzio dei media compiacenti con lo zio americano che non esitano ad arzigogolare sulla minima scoreggia che viene dai cosiddetti stati canaglia, c'è ancora in circolazione qualche "idealista" che ha il coraggio di appuntare sulla bandiera a stelle e strisce una medaglietta al valore civile, morale e democratico? 










giovedì 3 aprile 2014

L’appello dei senatori democratici italiani a mister “we can”


“Signor Presidente:
Dandole il benvenuto in Italia, con il debito rispetto le segnaliamo un caso importante che è presente nelle nostre coscienze e riguarda il rispetto dei diritti umani.
Sicuramente lei è stato informato che da 15 anni tre cittadini cubani: Ramón Labañino, Gerardo Hernández e Antonio Guerrero, sono reclusi nelle prigioni degli Stati Uniti.
Le ragioni per cui sono prigionieri sono controverse, ma le precarie condizioni di salute e le difficoltà in cui vivono sono reali.
Per la gravità del suo stato di salute, i familiari di Ramón Labañino hanno sottoposto il caso al Presidente della Commissione dei Diritti Umani del Senato della Repubblica Italiana.
Signor Presidente, conosciamo la sua sensibilità e confidiamo che lei realizzi almeno un gesto di clemenza, se non vuole concedere giustizia ai tre prigionieri.
La sua indulgenza sul caso sarebbe un gesto concreto per far sì che Ramón Labañino, Gerardo Hernández e Antonio Guerrero possano tornare dalle loro famiglie.
L’America democratica che lei rappresenta come autorità nel mondo sarà concretamente più forte e più aperta al dialogo con tutte le Nazioni.
Con stima”(seguono le firme di 17 senatori)

Ecco come si butta il tempo, la carta e i soldi dei contribuenti che mantengono questi signori, mentre la maggior parte del paese langue e fatica a tirare la fine del mese. Obama è (e lo sta dimostrando) una mezza calzetta che non va neppure al cesso senza aver prima consultato i suoi grandi elettori interni ed esterni( lobby economico-finanziarie, FMI, NATO, Banca Mondiale...), figuriamoci se impegnerà anche uno dei suoi sterili secondi per far tornare tre comunisti a casa loro, misteriosamente impacchettati da chi l’ha preceduto nei diversi lager che punteggiano il grande paese-guida della democrazia mondiale. Cuba da tre lustri chiede la liberazione dei suoi cittadini, senza condizioni, ogni volta che si presenta l’occasione nelle sedi internazionali, ma L’Avana non è TelAviv, quindi messaggio non pervenuto. Adesso hanno voluto provarci i senatori di una sinistra perennemente seduta, parolaia e da tempo assente nei luoghi di produzione, con risultato analogo; sarà già tanto se il foglietto arriverà oltre oceano. L’Italia sta a cuore degli yankees quando hanno bisogno di giovanotti da mandare a morire nei loro territori di caccia, della base di Aviano per bombardare il “cattivo” di turno (vero signor D’Alema?) o del voto diplomatico per sostenere i piani di occupazione del pianeta; per tutto il resto è considerata una normale repubblica delle banane. Cuba ha cessato di esserlo dal 1 gennaio del 1959.