lunedì 28 gennaio 2019

Estradizioni: L'Italia ha sempre aggirato le regole

Fonte:https://insorgenze.net/

L’Italia “non ha mai ottenuto un’estradizione con una procedura corretta, ha sempre aggirato le regole. Questo vale per il mio caso, per quello di Rita Algranati, arrestata al Cairo e rimpatriata senza alcuna procedura formale, e, ancora di più, per quello di Cesare Battisti“. A parlare all’AdnKronos è Paolo Persichetti, negli anni ’80 nelle Brigate Rosse-Unione dei Comunisti, primo (e unico) ex terrorista estradato in Italia dalla Francia. Il suo fu un caso giudiziario e politico. Nel 1993 Persichetti venne arrestato a Parigi, dove era arrivato legalmente prima della condanna in contumacia a 22 anni per banda armata e concorso morale nell’omicidio del generale Licio Giorgieri. Venne arrestato e liberato dopo 14 mesi, grazie all’intervento del presidente francese François Mitterand, e, nonostante alla fine il governo Balladur avesse deciso a favore della sua estradizione in Italia, a stopparne l’esecuzione fu l’arrivo all’Eliseo di Jacques Chirac, contrario a rimettere in discussione la dottrina Mitterrand. La vicenda si chiuse quasi dieci anni dopo: il 24 agosto del 2002, dopo essere stato fermato dalla polizia francese, l’ex Br venne consegnato nel corso della notte alle autorità italiane sotto il tunnel del Monte Bianco in virtù di quell’estradizione concessa ma mai eseguita.
«Io, di fatto, nel 2002 venni arrestato perché mi sospettavano di essere implicato nel delitto Biagi, cosa assolutamente falsa – spiega Persichetti -. Se avesse voluto agire nella legalità, l’Italia avrebbe dovuto emettere un mandato di arresto internazionale, supportato appunto da prove certe, e procedere a una nuova richiesta di estradizione. Ma nulla di tutto questo accadde».
E ora che il fronte delle estradizioni si è riaperto? «Le immagini di Battisti esibito terrorismo_foto_paolo_persichetticome un trofeo, il ghigno feroce di un ministro dell’Interno che vuol decidere al posto della magistratura e che lascia morire in mare profughi che fuggono da guerre e miseria, dovrebbero far riflettere la società e le autorità francesi. Chiunque verrà riconsegnato all’Italia, come è accaduto a me, non verrà punito per le vecchie condanne ma per il reato di esilio».
LA LETTERA DI COSSIGA – «Non perda mai la Sua dignità di uomo neanche in carcere, luogo non fatto e non gestito certo per ‘redimere’ gli uomini! E non perda mai la speranza”. Si concludeva così la lettera che il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga scrisse il 27 settembre 2002 all’ex Br, in risposta a un’intervista che Persichetti aveva fatto dal carcere in cui, tra l’altro, ricordava le posizioni di Cossiga, Macaluso ed Erri De Luca sull’amnistia. “Quando mi consegnarono quella busta in cella pensai che fosse un falso – racconta ora Persichetti all’AdnKronos -. Non me lo aspettavo. Poi però quella lettera venne usata innumerevoli volte, in tutti i casi di opposizione all’estradizione. Cossiga diceva alcune cose fondamentali, che oggi sono più attuali che mai».
Cossiga, rivendicava di aver «combattuto duramente il terrorismo» ma spiegava come si trattasse di un «fenomeno politico» che «affondava le sue radici nella particolare situazione sociale politica del Paese, e non invece un ‘humus delinquenziale’. “Voi siete stati battuti dall’unità politica tra la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano, e per il fatto che non siete stati in grado di trascinare le masse in una vera e propria rivoluzione – scriveva tra l’altro Cossiga -. Ma tutto questo fa parte di un periodo storico dell’Italia che è concluso; e ormai la cosiddetta ‘giustizia’ che si è esercitata e ancora si esercita verso di voi, anche se legalmente giustificabile, è politicamente o ‘vendetta’ o ‘paura’, come appunto lo è per molti comunisti di quel periodo, quale titolo di legittimità repubblicana che credono di essersi conquistati, non con il voto popolare e con le lotte di massa, ma con la loro collaborazione con le Forze di Polizia e di Sicurezza dello Stato».
Per questo, aggiungeva Cossiga, «io che sono stato per moltissimi di voi: ‘Cossiga con la K’ e addirittura ‘un capo di assassini e un mandante di assassinii’, oggi sono perché si chiuda questo doloroso capitolo della storia civile e politica del Paese, anche ad evitare che pochi irriducibili diventino cattivi maestri di nuovi terroristi, quelli che hanno ucciso D’Antona e Biagi che, per le Forze di Polizia e per la giustizia, è facile ricercare tra di voi, perché voi siete stati sconfitti politicamente e militarmente con l’aiuto della sinistra: andare a cercarli altrove potrebbe essere forse più imbarazzante…».
«Purtroppo ogni tentativo mio e di altri colleghi della destra o della sinistra di far approvare una legge di amnistia e di indulto si è scontrato soprattutto con l’opposizione del mondo politico che fa capo all’ex partito comunista», si rammaricava il presidente emerito.
Poi un passaggio più personale: «Leggo che Le hanno rifiutato l’uso di un computer, che onestamente non sapevo costituisse un’arma da guerra! Qualora Lei lo richieda ancora e ancora glielo rifiutassero, me lo faccia sapere, che provvederò io a farglielo dare. Non perda mai la Sua dignità di uomo neanche in carcere, luogo non fatto e non gestito certo per ‘redimere’ gli uomini! E non perda mai la speranza».
lettera_mitterand.JPGLA LETTERA DI MITTERAND – Era invece il 17 gennaio 1995 quando il presidente francese François Mitterand per la prima volta entrò direttamente nella vicenda che riguardava un fuoriuscito italiano che aveva trovato riparo a Parigi; l’unico che poi, sette anni dopo, verrà estradato: Paolo Persichetti.
Con la ‘coabitazione’ tra il gollista Edouard Balladur al governo e Mitterand all’Eliseo, la ‘dottrina’ varata dal presidente francese a tutela dei terroristi italiani espatriati in Francia era in piena crisi. Arrestato nel novembre del 1993, Persichetti si oppose alla estradizione sostenendo il carattere politico dei reati che gli venivano contestati. Dopo oltre 14 mesi di detenzione e uno sciopero della fame di 19 giorni venne liberato nel gennaio 1995, grazie alla presa di posizione del presidente Mitterrand. Che, in quella occasione per la prima volta, prese posizione su un singolo caso.
«Avete voluto richiamare la mia attenzione sulla situazione di Paolo Persichetti – scrisse Mitterand in una lettera in risposta all’Abbé Pierre, che lo aveva sollecitato a intervenire sul caso -. Osservo con voi che la durata della sua carcerazione raggiungerà presto un anno e mezzo, mentre non può essere assimilata a una detenzione provvisoria trattandosi di una procedura di estradizione in corso d’esame. Ho quindi chiesto che l’attenzione del ministro della Giustizia sia richiamata su questa situazione in modo che venga data una stretta applicazione delle regole sia nazionali che internazionali in materia».

venerdì 25 gennaio 2019

Rinnovo dei poteri istituzionali nella Svizzera italiana


La sinistra soft conviene (terza parte)

Prima e seconda parte vedi CdT del 27.12.18 e 16.1.2019.

I “liberal” ticinesi si tranquillizzino, anche la prossima legislatura avrà il suo ministro sinistrato.
Conviene a tutti, chi più chi meno, contare su un’opposizione responsabile, propositiva nell’attuale contesto economico-finanziario che definire problematico suona come un eufemismo.
Conviene ai Paperoni che si vedono riconosciuti i miliardi accumulati come il frutto di olio di gomito e ferrea dedizione al lavoro, fatto e dato. Sfruttamento della manodopera? Fesserie da anni settanta, romantico terrorismo ideologico di reduci incarogniti e sconfitti dalla storia (quale?scritta da chi?).
Conviene ai Paperini che anelano a diventare Paperoni senza averne la caratura e la determinazione (le proverbiali “palle”).
Conviene ai Quaquaraquà che sgomitano, sgambettano e fanno carte false per acchiappare il posto fisso, il suv a leasing, la vacanza in quel cimitero che è diventato il Mediterraneo e gli infiniti sussidi per evitare di finire nella merda dei non garantiti.
Conviene pure a questi ultimi per il bianchino quotidiano, le sigarette, la partita di hochey, l’affitto, il dentista e le cure mediche sussidiate da quelli citati sopra. Una sinistra decente si adopera per togliere i sussidi e fortificare i salari. Fare il contrario non è altro che palesare la propria confusione strategica.
Conviene ai forcaioli della lega democentrista perché così continueranno ad avere carne da arrostire e servire alla domenica mattina”.

Se n’è accorto anche Matteo Caratti, nella spalla della sua Regione pochi giorni fa: “ Se il PS dovesse rimanere fuori dalla stanza dei bottoni, dovremo abituarci a maggiori sollecitazioni (gatte da pelare!): Iniziative, referendum e qualche sfilata per le nostre strade. La Francia insegna.”
Più chiaro di così si muore, dicevano gli anziani dalle mie parti.
Insomma il PS in governo conviene a tutti, tranne a quelli che stanno peggio di quando credevano di stare peggio. Un partito lesso, che sopravvive per inerzia concessa da altri, solo, con l’arroganza dei deboli (senza di noi cittadini allo sbando), sopportato come il fastidio minore da un centrodestra tutto preso a non far uscire dagli armadi le “gabole” messe in piazza dall’unico deputato (complimenti agli altri 89 per la vacanza quadrienniale !) che può serenamente definirsi di sinistra.
Il 7 aprile, quindi, nulla di nuovo, anche i quattro gatti della nostra RSI lo hanno messo in conto nel programmare risultati, aggiornamenti e commenti sul rinnovo dei poteri. Per evitare cadute vertiginose di ascolto, gli spezzoni in diretta sul tema faranno da contorno (prima, durante e dopo) al pezzo forte del primo pomeriggio: L’indagine di turno del … Tenente Colombo.

Buonanotte vagheggiata Democrazia.



martedì 15 gennaio 2019

Battisti? C’è di peggio.


Per qualche giorno l’italietta bolsonara di questi tempi avrà di che strogolare per apparire meno debole di ciò che è. E lo farà accumulando, come suo solito, menzogne, dietrologie taroccate e insulti al buon senso, a cominciare dall’ergastolo appioppato a un latitante su dichiarazioni di pentiti che anche i sassi sanno quanto documentate potessero essere in tempi dove l’alternativa (istituzionalizzata) alla non collaborazione dopo l’arresto era la tortura. Ma lasciamo perdere.
Battisti ha sulla coscienza quattro persone? Bene, vediamo quante ne ha il primo militante delle FIR (forze istituzionalizzate per il razzismo) che ha deciso, con i soldi dei contribuenti, di allungare la fine settimana con una scampagnata all’aeroporto di Fiumicino. Migliaia secondo le statistiche delle varie ONG che tentano di limitarne la crescita, talmente tante da provare un senso di vergogna solo al pensiero di crogiolarsi al sole in qualsiasi spiaggia del Mediterraneo.
È noto l’ego smisurato di molti politicanti in questi tempi sbandati, ma qui, vittime alla mano, il meno che si possa dire è che si è sforato il senso della misura, della realtà e della propaganda.
Insomma una fanfaronata insopportabile, falsa e irrispettosa.

Per qualche giorno l’italietta bolsonara di questi tempi avrà di che strogolare per apparire meno debole di ciò che è. E lo farà accumulando, come suo solito, menzogne, dietrologie taroccate e insulti al buon senso, a cominciare dall’ergastolo appioppato a un latitante su dichiarazioni di pentiti che anche i sassi sanno quanto veritiere potessero essere in tempi dove l’alternativa (istituzionalizzata) alla non collaborazione dopo l’arresto era la tortura. Ma lasciamo perdere.

Battisti ha sulla coscienza quattro persone? Bene, vediamo quante ne ha il primo militante delle FIR (forze istituzionalizzate per il razzismo) che ha deciso, con i soldi dei contribuenti, di allungare la fine settimana con una scampagnata all’aeroporto di Fiumicino. Migliaia secondo le statistiche delle varie ONG che tentano di limitarne la crescita, talmente tante da provare un senso di vergogna solo al pensiero di crogiolarsi al sole in qualsiasi spiaggia del Mediterraneo.
È noto l’ego smisurato di molti politicanti in questi tempi sbandati, ma qui, vittime alla mano, il meno che si possa dire è che si è sforato il senso della misura, della realtà e della propaganda.
Insomma una fanfaronata insopportabile, falsa e irrispettosa.

Ah, per la cronaca, Battisti non l'ha preso Salvini, né Bolsonaro, ma Morales, uno di sinistra !



domenica 13 gennaio 2019

La sinistra piace quando perde

Non solo nella Svizzera felix.

Seconda parte.
Prima parte: Dove va la sinistra? cfr. Blogger 20.12.2018

Dove eravamo rimasti?
Alla sinistra divenuta ormai un optional emozionale nella corsa sfrenata al benessere aleatorio e rateizzato. Sì perché essa resta simpatica solo quando perde e simpaticissima se le prende di santa ragione. Nel passato più o meno prossimo, è accaduto un paio di volte, con Gorbaciov e Allende.
Soffermiamoci sul secondo ché sul primo ogni parola aggiunta resta incollata al nulla.
Allende piace, non solo a sinistra, perché fu sconfitto, liquidato sotto due metri di terra anonima per quasi un ventennio; perché non ebbe il tempo o non volle accorgersi (propendo per questa seconda ipotesi) che il potere (“popolare” o meno) va difeso con ogni mezzo necessario e che la difesa può essere una gran brutta cosa. Senza difesa non c’è rivoluzione e non c’è difesa senza repressione. Pagò sulla sua pelle questa mancata scelta di campo. A sinistra Allende dovrebbe insegnare che non bisognerebbe fare come Allende. Il condizionale è una cortesia concessa all’odierna socialdemocrazia che non la merita né dà segni di meritarla in futuro.
Viceversa non piace la sinistra quando vince. Lenin, la costruzione del socialismo sovietico, Mao, Kin Il-sung, Ho-Chi-Minh, Castro, Chavez. I suoi leader diventano in un batter d’occhio dittatori responsabili delle peggiori nefandezze, come se l’altra parte del mondo fosse stata sempre immune da inenarrabili carneficine fatte in nome del denaro e delle tre grandi religioni monoteiste. I vincenti sono coccolati solo se fanno incetta di coppe sportive e titoli finanziari, il resto nell’immaginario collettivo “libero” è fofa.
Così vanno le cose, a braccetto con l’opportunismo “strategico”della socialdemocrazia, il suo parlamentarismo assoluto e il peso specifico insignificante su chi governa nel paese. Sono 40 anni che marciano aritmeticamente sul posto, fra sconfitte “incoraggianti” perché sono riusciti a limitare i danni e “vittorie significative” con parametri vicini allo zero. Di questo passo la difesa delle classi subalterne, per arrivare a contare davvero, dovrà impostare l’orologio come minimo sul quarto millennio. Per chi ci crede davvero, è il convento, non la seggiola in Gran Consiglio, il posto più adatto, a meno che la precedenza non sia data alle chiappe che vi si adagiano.
Insomma siamo ancora al “panem et circenses”di romana memoria, senza più gladiatori con il miraggio della libertà, rimpiazzati da falangi d’illusi che si accontentano di salvare il “pelotto” con ciò che ragionieri e scribacchini cercano di passar loro legalmente sottobanco.
C’è chi si compiace di ripetere che “un paese decente non ha bisogno di eroi”, dimenticandosi di aggiungere che non esiste decenza in un paese che a un pugno di furbi super ricchi contrappone fette di popolazione sempre meno garantite e un ceto medio “maglia gialla” dell’arrabattamento.
Ma, come dicevano dalle mie parti, i furbi operano solo se abbondano i bischeri.