giovedì 21 gennaio 2016

mercoledì 20 gennaio 2016

Marco Pucci,professione assassino

Redazione di Operai Contro,


Redazione di Operai Contro, il boia Marco Pucci, non solo non ha fatto un minuto di galera, ma è stato sempre premiato dal governo e dai padroni. Nonostante le condanne […]


il boia Marco Pucci, non solo non ha fatto un minuto di galera, ma è stato sempre premiato dal governo e dai padroni.

Nonostante le condanne ottenute finora, il manager non ha mai smesso di esercitare e dal 2012 fino al 2014 è stato amministratore delegato della Acciai Speciali Terni (sempre del gruppo ThyssenKrupp). Un anno fa è passato all’Ilva diTaranto come responsabile delle società partecipate. Quello all’Ilva per lui è stato un ritorno. Era già stato lì dal 1990 al 1992 come responsabile dello stabilimento tarantino. Poi è passato alla Accia Speciali Terni, che in quel periodo apparteneva al gruppo italiano. Lunedì 18 gennaio, con la partenza di Massimo Rosini, è stato nominato dg dai commissari straordinari di Ilva Piero GnudiEnrico Laghi e Corrado Carrubba.”

Marco Pucci ha imparato il mestiere di boia degli operai dall’assassino Riva

Operai, molti delegati e i sindacalisti dell’ILVA sono sempre stati dalla sua parte

Il gangster Renzi nominamndolo direttore generale dell’ILVA ha voluto trattarci come pecore

Operai scendiamo in lotta

Un operaio dell’ILVA


La "risposta" di Pucci

TARANTO - C’è una condanna pesante nel passato dell'ingegner Marco Pucci, nominato direttore generale dell'Ilva dai commissari governativi: era stato condannato per il rogo della ThyssenKrupp, che la notte fra il 5 e il 6 dicembre del 2007 uccise a Torino sette operai. Ritenuto responsabile, insieme con altri cinque manager dell’azienda, delle omissioni alla base dell’incidente. Il suo passo indietro è arrivato nel giro di poche ore: "Ringrazio i commissari per la fiducia che mi hanno mostrato nel nominarmi direttore generale. Tuttavia non ritengo di accettare l'offerta e preferisco attendere l'esito del ricorso in Cassazione sul processo che mi ha visto condannato ingiustamente per il tragico incidente alla Thyssen di Torino"

venerdì 15 gennaio 2016

I politicanti del Canton Ticino, landa estrema dell'isola che non c'è (Svizzera)



Da tempo i "nostri" la fanno da  maestri nelle contrade di questo disgraziato cantone. Qualcuno dirà purtroppo, altri per fortuna. Io propendo per gli altri  perché solo l'indecenza politica di chi ci amministra può far vacillare le "certezze" di un popolo arreso e pecora che mugugna mentre si allinea, non di certo la critica pasciuta,signorile e costruttiva (eufemismo) tentata finora dall'ala progressista dell'arco costituzionale.

Tempi lunghi, lo so, intanto essi continueranno a gozzovigliare... con qualche boccone di traverso.

Moltiplichiamo i bocconi "avvelenati" !

La Corte europea dei diritti dell'uomo protegge le aziende e condanna i lavoratori



Da: http://www.militant-blog.org/



Che le istituzioni collaterali all’Unione europea fossero ontologicamente *dentro* i confini politici ed economici europeisti, inserite in una visione del mondo precisa e distante da ogni possibile “neutralità”, la vicenda della Corte europea dei diritti dell’uomo dovrebbe ulteriormente confermarlo. Brevemente, tale Corte, che dovrebbe occuparsi, come dire, della “difesa dei diritti dell’uomo” (ca va sans dire), ha sancito la legittimità delle aziende di licenziare i propri lavoratoriqualora questi fossero scoperti ad utilizzare mail aziendali per fini privati. In pratica, il solo fatto di mandare mail private tramite il proprio indirizzo di posta durante(?) l’orario di lavoro costituirebbe motivo di licenziamento (non di multa o sanzione, di licenziamento, punto e basta). E la Corte in questione ha pure sancito che la cosa va bene, si può fare, non lede alcun diritto, e che anzi va integrata alla normativa sulla privacy contenuta nel Jobs act renziano (questo lo raccomanda la Ue, e come sappiamo una raccomandazione Ue è un offerta che non si può rifiutare). Motivo in più per augurarsi l’abolizione immediata di tutte queste propaggini liberiste formalmente poste a difesa dei diritti civili ma in realtà manifestamente contro ogni forma di diritto sociale dell’uomo. Detto questo, la vicenda è interessante per un altro motivo. Da decenni, e in quest’ultimo decennio in particolare, il confine tra orario di lavoro e orario di riposo è venuto meno, scardinato da nuove forme lavorative e contrattuali che hanno di fatto abolito la separazione dei diversi momenti (la mitologica produttività). Tale fatto è avvenuto espandendo all’infinito la propensione al lavoro, il tempo lavorativamente attivo, invadendo il campo del riposo e della riproduzione e consentendo, tramite la rete, di portare il lavoro anche nelle ore formalmente libere o comunque non retribuite. Tale tendenza è presente ovunque ma palese nelle mansioni intellettuali o di scrivania. Rispondere a mail di lavoro in orario di pausa o nel tempo libero; proseguire tramite la connessione internet lavori iniziati durante l’orario di lavoro; la reperibilità h24 consentita non solo dai cellulari, ma dalla connessione perenne che consente al datore di lavoro di conoscere i propri movimenti e la propria presenza su Whats App o tramite i social network; e così via. In tal senso, la differenza tra momento lavorativo e momento privato è venuta meno, e anzi viene anche considerata positiva (dagli stessi lavoratori!) la possibilità di “portarsi il lavoro a casa”.Il “tempo libero” è venuto forzatamente meno, ed oggi il tempo di lavoro può essere ogni momento, espandendo oltre al controllo sul lavoratore i margini di profitto per aziende. Quando il lavoro invade la sfera privata non c’è sentenza di qualche “corte dei diritti dell’uomo” a sancirne i limiti, a difendere la propria privacy e a condannare l’azienda privata per lo sfruttamento lavorativo ovviamente non retribuito. Se invece è il lavoratore a valicare il confine tra momento lavorativo e momento privato, ecco puntuale la sentenza in difesa delle ragioni del profitto. Questo non ci meraviglia: gli “allegati” liberali al dominio liberista (come appunto le corti dei diritti dell’uomo, i tribunali internazionali, i diritti dei consumatori, eccetera) sono costruiti proprio per legittimare il potere attraverso costruzioni “valoriali” tali da veicolarlo culturalmente (solo in italiano esiste la doppia definizione di liberismo e liberalismo, come se le due articolazioni del sistema capitalistico non fossero compenetrate e conseguenti). C’è solo da augurarsi che tale vicenda smascheri un rapporto indissolubile che molte volte viene negato dai difensori del dirittocivilismo.

lunedì 11 gennaio 2016

Spagna/Paesi Baschi: Solidarietà ai detenuti dell'ETA

Fonte:http://www.secoursrouge.org/


Plusieurs dizaines de milliers de personnes ont manifesté hier soir, samedi à Bilbao et à Bayonne, des deux côtés de la frontière franco-espagnole. Elles réclamaient "la fin de la dispersion" de plus de 400 détenus liés à ETA et leur rapprochement du Pays basque. A Bilbao, la ville la plus importante de la communauté autonome du Pays basque en Espagne, les manifestants étaient plus de 70.000. Dans le même temps, ils étaient près de 10.000 à Bayonne dans les Pyrénées-Atlantiques.
Sur la banderole de tête du défilé à Bilbao, était écrit en basque et en castillan : "droits de l’homme, résolution et paix. Prisonniers basques au Pays basque". Les familles de prisonniers ouvraient le défilé où a résonné le slogan "les détenus basques à la maison". Plus de 400 prisonniers basques membres ou proches d’ETA sont dispersés dans 73 prisons en France comme en Espagne.

La manifestation de Bayonne


Ma quelli dell' ETA non erano quattro gatti estranei al tessuto sociale del paese?
Si, no, non lo so?
Insomma decidetevi, soprattutto a "sinistra" !

domenica 10 gennaio 2016

Italia: La tortura non è reato

dal Corriere della sera
Redazione di Operai Contro, lo stato borghese italiano si è servito a Bolzaneto 15 anni addietro dei torturatori. Offre dopo 15 anni ai  circa 100 torturati, 45 mila euro, per […]
Quindici anni dopo il G8 di Genova il governo italiano offre un risarcimento alle vittime delle violenze nella caserma di Bolzaneto e lo fa con una lettera del ministero degli Esteri inviata alla Corte europea per i diritti dell’uomo. A Strasburgo pendono i ricorsi di 31 manifestanti che furono sottoposti – come hanno riconosciuto anche le sentenze italiane – a «trattamenti degradanti e inumani» a Bolzaneto e della quarantina di no global selvaggiamente picchiati nella scuola Diaz.
Il passo del governo italiano ha l’obiettivo di chiudere con una «conciliazione amichevole» il primo ricorso collettivo con 45 mila euro per manifestante. Si tratta della stessa cifra che l’Italia era stata condannata a pagare nell’aprile scorso da Strasburgo a uno dei manifestanti picchiati durante l’irruzi one della polizia alla Diaz, definita «una macelleria messicana» nella testimonianza dell’allora vicequestore Michelangelo Fournier. Armando Cestano, 75 anni, riportò a causa delle manganellate la frattura di braccio, gamba e dieci costole. Strasburgo non si è limitata a condannare il governo italiano ma ha anche rilevato l’inadeguatezza della legislazione che non prevede il reato di tortura.
Nella lettera alla Corte europea la Farnesina sottolinea di non voler sminuire «la serietà e l’importanza degli episodi che si sono verificati nella caserma di Bolzaneto» e riconosce che i «gravi e deplorevoli crimini commessi dagli agenti di polizia costituiscono dei crimini» a cui «lo Stato italiano ha reagito nel modo adeguato». Tuttavia una buona parte dei ricorrenti ha già manifestato l’intenzione di respingere l’offerta ritenendo che, come ha detto l’avvocato Dario Rossi, «lo Stato non ha mai mostrato segnali di ravvedimento per i pestaggi», non ha «mai chiesto scusa» ed oggi avrebbe il solo obiettivo di evitare altre condanne. L’avvocato Barbara Randazzo, che assiste due persone, l’ha definita «una proposta indecente». Sembra scontato, quindi, che i procedimenti in sede europea andranno avanti.
«Mi sembra – è il commento del pm Andrea Ranieri Miniati che ha sostenuto insieme con Patrizia Petruziello l’accusa nei processi su Bolzaneto – che dopo anni di chiusura delle autorità italiane su quanto avvenuto nel 2001 questo sia comunque un segnale di maggior comprensione». Rimane il problema della mancanza del reato di tortura: «Noi – ricorda Ranieri Miniati – abbiamo cercato di compensare il vuoto appellandoci alla Convenzione europea sui diritti dell’uomo e introducendo il concetto di abuso d’ufficio relativo ai trattamenti degradanti e inumani cui furono sottoposti gli arrestati». Non potendo applicare il reato specifico molte delle accuse contro le forze dell’ordine sono cadute in prescrizione prima del termine dei processi ed è proprio a seguito della mancanza di sanzioni penali e disciplinari contro i responsabili delle violenze che i no global si sono rivolti alla Corte di Strasburgo 

venerdì 1 gennaio 2016

Buon anno

Per imparare non c’è niente di meglio, dopo uno sbaglio, che raccogliere le idee e andare avanti. E invece quasi tutti si fanno prendere dalla paura. Hanno così paura di sbagliare che sbagliano. Sono troppo condizionati, troppo abituati a sentirsi dire quello che non devono fare. Prima in famiglia, poi a scuola e per finire nel mondo del lavoro.

Charles Bukowski