martedì 31 marzo 2020

La giornata pandemica del giornalista di regime

Il signor Lorenzo Erroi, dalla spalla destra del quotidiano "La Regione", ci racconta come passa le giornate durante la campagna di primavera 2020 del CV-19.
Lo fa, badate bene, su invito del suo mega direttore, con magari la presunzione che ciò interessi lettori veri o presunti.
Non è infatti così, visto ciò che il Cantone sta passando e paga di tasca propria.
Ovviamente, nella società liquida di questo primo scorcio di secolo, ognuno può sbroccare a suo piacimento, fatti suoi. Se poi il leone da tastiera appartiene alla categoria dei fedeli soldati di regime, l'ovvio è di rigore.
Allora perché queste righe?
Semplice: Per aver occupato spazio altrimenti dedicabile a notizie più utili, nelle edizioni dei prossimi giorni mi aspetto, per educazione e civico rispetto, le scuse del quotidiano verso coloro che rischiano il "pelotto" tutti i giorni al fronte (quello vero!) esercitando la propria attività professionale, verso chi ha avuto contagiati, ricoverati, dimessi, per non dire dei morti.
Perché?
Ancora più semplice: Quando il periodo è serio, le prospettive incerte e/o tendenti al grigio notte, il paese in ginocchio se non fosse per l'operatività di migliaia di operatori sanitari transfrontalieri (a proposito, il numero chiuso nei nostri atenei per l'accesso alle varie facoltà di medicina  è ancora in corso?), certi "sforzi informativi" sarebbero da cestinare, esattamente come di regola si fa quando arrivano in redazione contributi di scarso interesse pubblico,offensivi o inattendibili.
Per quelli non in linea (alternativi, antagonisti) lasciamo perdere, si sa da tempo dove vanno a finire.
Mala tempora currunt, vero, ma anche l'andazzo a cui ci siamo abituati senza batter ciglio ha fatto la sua parte.




domenica 29 marzo 2020

Genova: Via Fracchia 28.03.1980

Un abbraccio fraterno a Barbara che, come suo solito, non cessa di mandarle a dire. Il ricordo dei suoi compagni assassinati a freddo in Via Fracchia (28.03.1980) è essenzialmente un messaggio di profonda umanità.


sabato 28 marzo 2020

Covid 19: I padroni vogliono ricominciare a fare profitti



Comunicato MPS del Cantone Ticino (Svizzera felix)

Nessun passo indietro! Le attività produttive non fondamentali e socialmente necessarie devono rimanere chiuse! Tutte!
1. Abbiamo sostenuto la decisione del governo e pensiamo che sia necessario continuare su quella linea per le prossime settimane, senza far alcuna marcia indietro come, invece, sembra profilarsi almeno in parte dalle notizie che filtrano dal Consiglio di Stato.
2. Le ragioni alla base della necessità di continuare nella linea seguita in questa ultima settimana, piuttosto approfondendola che allentandola, sono dettate da un evidenza: nulla finora è cambiato nella progressione del contagio rispetto ad una settimana fa. Anzi, gli ultimi giorni hanno visto un ulteriore incremento dei contagi, degli ospedalizzati e dei morti.
3. Le modifiche al decreto che si stanno manifestando in queste ore vanno in direzione, come ha voluto il Consiglio federale che ha accolto così le pressioni padronali, di una modifica della logica precedente; non più un divieto con delle eccezioni, ma di fatto la possibilità di lavorare per tutte quelle aziende che certificano di lavorare solo per attività necessarie e rispettando le prescrizioni di sicurezza e salute per i lavoratori e le lavoratrici. Il Governo ticinese, dopo aver giocato di sponda con il Consiglio federale e AITI, dice che un certo numero di aziende, quelle più importanti dal punto di vista economico e politico, quelle che probabilmente servono la filiera dei grandi gruppi nazionali, potranno aprire! Il Consiglio di Stato dovrebbe avere il coraggio almeno di rispondere alle seguenti domande: cosa è cambiato dal punto di vista dell’epidemia per giustificare la levata parziale del blocco imposto alle industrie non essenziali? Perché 100, 200 o 300 fabbriche potranno aprire mentre migliaia di piccole attività (ristoranti, bar, parrucchieri) e di altre fabbriche dovranno restare chiuse?

4. Le “garanzie” (informazione dei lavoratori, etc.), sono un déjà vu. Sono condizioni che la parte più debole, i salariati, non riescono ad imporre in tempi normali, figuriamoci in tempi come questi.
Nella sua conferenza stampa il Consiglio Federale ha insistito sulla necessità che l’azienda debba “dimostrare” di lavorare in sicurezza e di svolgere attività urgenti e necessarie. Ma “dimostrare” a chi? Chi controllerà la situazione? Chi potrà verificare che effettivamente le cose stanno come autocertificate? Chi verificherà che non vi è stato nessun contagio dovuto a queste situazioni lavorative?
Le strutture che normalmente svolgono questa funzione di controllo sono di fatto inattive. La giusta chiusura dell’amministrazione cantonale ha di fatto messo fuori azione l’ispettorato del lavoro, così come la SUVA: le due strutture che potrebbero e dovrebbero verificare le situazioni.
L’esperienza degli ultimi anni ha già mostrato quanto poco realistici e quanto vuoti i richiami al controllo delle condizioni di lavoro se non accompagnate da reali disposizioni che permettano questi controllo. Lo abbiamo visto con il dumping salariale: un controllo sostanzialmente fallito (il dumping si è affermato) proprio a causa della timidezza dei meccanismi di controllo del mercato del lavoro.
6. Non vi sono dubbi che la procedura verso la quale ci si orienta porterà ad un aumento di coloro che lavoreranno (in particolare nel settore industriale e artigianale); era questa l’intenzione degli industriali e dei loro dirigenti.
Si tratta di una decisione irresponsabile che alimenterà il propagandarsi del contagio, un aumento dei ricovi ed anche un inutile sacrificio di vite umane. Che senso ha vietare agli over 65 di uscire di casa, andare a fare la spesa, chieder loro di rinunciare anche ad una semplice passeggiata e contemporaneamente permettere a migliaia di persone di spostarsi, utilizzare i mezzi di trasporto pubblici, e trascorrere in spazi ristretti 8 o 9 ore della giornata? Ancora una volta il profitto di pochi prevale sulla salute di tanti. Che senso ha bloccare per una settimana le attività produttive per poi riaprire nel momento in cui il virus sta raggiungendo il picco? Una scelta indegna. Perché la popolazione ticinese dovrà pagare un conto salatissimo per permettere alle società di AITI di continuare a macinare profitti, infischiandosene della nostra salute?! Se così non fosse, Modenini dovrebbe fare una cosa sola: confermare che per il rispetto della salute pubblica le industrie di AITI non apriranno e che continuano a sostenere il blocco delle attività produttive non necessarie! Non lo dirà mai perché i profitti di pochi devono prevalere sulla salute di tutte e tutti!

7. Ieri il presidente del Consiglio di Stato ha sottolineato che questo cedimento sarebbe condiviso anche delle organizzazioni sindacali. Una condivisione, se la notizia fosse confermata, incomprensibile e sconcertante, nettamente contradditorio con l’orientamento che, con fatica e forse un po’ con ritardo, il movimento sindacale aveva raggiunto negli ultimi giorni, convinto della necessità di vietare le attività produttive non necessarie.


8. È il momento di dimostrare coerenza e determinazione. L’MPS lancia un accorato appello popolazione ticinese affinché faccia sentire la propria voce in tutte le forme possibili: è necessario continuare con le misure adottate la scorsa settimana, per il bene della salute di tutte e di tutti. È in questi momenti che sarà possibile vedere da che parte stanno veramente i firmatari di vari appelli (i “ticinesi”, i medici, etc.) che si erano schierati a difesa dell’operato del consiglio di Stato. Oggi dovrebbero, per coerenza, far sentire nuovamente la loro voce, proprio perché altre priorità rispetto alla lotta al contagio sembrano in parte affermarsi. Eppure la situazione, dal punto di vista sanitario, non ci pare sia migliorata, anzi.

martedì 24 marzo 2020

E dopo il COVID 19 ?

                                         

                                        LAVORARE MENO - LAVORARE TUTTI !




martedì 17 marzo 2020

Tutti a casa ...


...molto meglio che gironzolare per bar e ristoranti ad immagazzinare porcherie e grassi iper saturi, come si nota dal numero dei lardosi vaganti sul territorio.

lunedì 16 marzo 2020

Si stava meglio quando si stava peggio


Ve ne siete accorti? L’aria è più respirabile, il traffico ricorda quello dei primi anni 70, tempi e rumori dilatati, assembramenti sportivo-festaioli azzerati. Vi sembra poco?
Certo, la pandemia è velenosa ma fa respirare il pianeta. È l’aspetto positivo del male, esattamente come quello negativo è insito nel suo esatto contrario, checché ne dicano i soloni della crescita infinita o i rimasugli di teologie obsolete.
Vi ricordate le domeniche senza auto di un’era geologica fa? Gli sciami di giovanotti per strada a mettere in guardia dalla dipendenza del petrolio, a rivendicare “trasporti pubblici gratuiti”, la parità salariale, il diritto al lavoro, scritto nelle costituzioni di mezzo mondo e mai garantito, e quel “lavorare meno, lavorare tutti” che cinquanta anni dopo è considerato quasi come uno slogan terroristico?
Il tempo che è trascorso ha solo reso i ricchi più ricchi, distribuito cianfrusaglie ai ceti medio bassi e un effimero contentino all’esercito di esuberi prodotti dal mercato finanziarizzato.
Si strogola sul rinvio degli europei di calcio e si fa silenzio perfetto sulla decantata (per decenni) qualità di vita rivelatasi incapace di stoppare un’influenza atipica. Ci si aggrappa alla mano da non stringere, a parametri di distanza da cantiere, alla rivalutazione del focolare quando per anni non si è badato a spese per sciogliere i pensieri dei cittadini comuni in discoteche, sale da gioco, movide, aperitivi e abbuffate varie.
Si vive di più? Forse, ma gli ultimi anni sono per molti peggio della galera, aspettando sedati, un giorno sì e l’altro pure, l’arrivo della signora in nero.
Il signor Corona un giorno se ne andrà e in tanti canteranno vittoria senza fare un cip sul prossimo futuro in cui verranno a trovarci altri suoi fratelli. Cerchiamo almeno di imparare dal passato.