giovedì 30 agosto 2018

Quando i socialdemocratici avevano (almeno) le palle e pagavano di persona.


Mosca,30 agosto 1918
Attentato al termine di un comizio alla fabbrica Mihelson di Mosca per il leader sovietico V.I.Lenin.
Mentre sta per salire in auto una donna gli spara tre colpi di pistola, ferendolo.

"Il mio nome è Fanya Kaplan. Oggi ho sparato a Lenin. L'ho fatto da sola di mia propria iniziativa. Non rivelerò chi mi ha procurato la pistola. Non darò nessun dettaglio. Decisi di uccidere Lenin molto tempo fa. Lo considero un traditore della rivoluzione. Fui esiliata ad Akatui per aver partecipato a un attentato contro un ufficiale zarista a Kiev. Ho passato 11 anni in un duro campo di lavoro. Dopo la rivoluzione, fui liberata. Ero favorevole all'Assemblea Costituente e lo sono ancora adesso".

La Kaplan fu giustiziata con un colpo di pistola alla nuca, quattro giorni dopo, e il cadavere cremato. L'ordine partì da Jakov Sverdlov che, sei settimane prima, aveva ordinato l'uccisione dello zar Nicola II e dalla sua famiglia.



sabato 18 agosto 2018

La repubblica delle stragi e dei funerali di Stato

Sabato a Genova ci saranno i funerali di stato di una parte delle vittime del crollo del ponte di Genova.


Il termometro della rabbia nei confronti delle autorità la fornisce la fredda statistica sulle «adesioni» ai funerali di Stato. Su 38 vittime (accertate) sabato, davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella  e sotto gli occhi dell’arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco — ci saranno soltanto 14 bare. Per 17 morti i parenti hanno preferito le esequie nei luoghi di origine, non senza risentimento. Per i rimanenti 7 si deciderà nelle prossime ore.

Domani a Genova ci saranno le massime autorità: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, i presidenti di Senato e Camera, Maria Elisabetta Alberti Casellati e Roberto Fico, il presidente della Corte costituzionale, Giorgio Lattanzi, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte con i vice premier Matteo Salvini e Luigi Di Maio, il governo al completo, il Capo della Polizia, Franco Gabrielli, il Comandante generale dell’Arma dei carabinieri Giovanni Nistri, il governatore della Liguria, i vertici delle istituzioni genovesi, il Capo del Dipartimento della Protezione civile, Angelo Borrelli, il Capo del Dipartimento dei vigili del fuoco Bruno Trattasi.

Le autorità faranno la loro passerella. Forse qualcuno prenderà la parola per dire che simili stragi non capiteranno mai più. Quante volte li abbiamo sentiti. Poi ci sarà una nuova strage.

Per gli operai le massime autorità non pensano alla farsa dei funerali di stato. Solo fino ad oggi nel 2018 sono già 400 gli operai vittime della strage nelle fabbriche.  Se si contano gli operai morti nel tragitto per andare al lavoro le vittime sono 650. Non è mai colpa  dei padroni. Non è mai colpa della loro ricerca del profitto più alto.

Per gli operai le massime autorità politiche dello stato dei padroni non sprecano neanche più le parole. I sindacati confederali parlano ogni volta di cultura della sicurezza.

Politici e sindacalisti nascondono i responsabili di queste stragi e il loro motivo: i padroni e la ricerca di un profitto sempre più alto.

Lo stesso capita a Genova. Benetton è libero di circolare, dopo 40 morti. Il governo  minaccia di revocare la concessione ad Autostrade di Benetton. Revocare la concessione a Benetton, non riporterà in vita gli uccisi. La magistratura indagherà e forse tra venti anni arriverà ad una conclusione. Per la strage di Ustica, con 81 morti, si aspetta una sentenza da 38 anni. Intanto nessuno tocca il padrone. Intanto nessuno tocca i profitti.

Per eliminare queste stragi occorre eliminare i padroni e il loro profitto.

Un operaio di Genova

Fonte:http://www.operaicontro.it

giovedì 9 agosto 2018

Sul Nicaragua

https://www.forumalternativo.ch/2018/08/05/nicaragua-meno-fake-news-e-pi%C3%B9-oggettivit%C3%A0-prego/


Sì, ma quando si fanno concessioni alla chiesa e al padronato, poi si raccolgono gli stracci e il malcontento strumentalizzato.

sabato 4 agosto 2018

Memoria e comunicazione

Quando assisto alla facilità vertiginosa con cui degli adolescenti, anzi dei bambini, si impadroniscono di nuovi gadget, della maestrìa con cui manovrano i tasti, i pulsanti, deputati alle più complesse operazioni, mi chiedo fino a che punto questa immane espansione delle conoscenze segnaletiche e informative vada a scapito dei faticosi sentieri della memoria e di quelli - un tempo beati - della fantasia creatrice.

Gillo Dorfles (1910-2018)

L'umanista che ha osservato il mondo per 107 anni, con uno sguardo attento e ironico


martedì 31 luglio 2018

Milano - New York (Delta Air Lines

https://www.corriere.it/cronache/18_luglio_31/aerei-beffa-supplemento-carburante-volare-diventa-piu-caro-689d7dc0-9433-11e8-827e-24bcbc32092b.shtml

E allora, che c'è di strano?
"Guadagno io, paghi tu, e non me ne frega un cazzo se gli altri ci perdono ingiustamente"
È il giochetto che fanno da sempre le società e i governi a "capitalismo maturo".

India: Kerala

Fonte:http://www.operaicontro.it

Vittoria delle commesse dei negozi di tessuti in Kerala dopo quattro anni di lotta:

12-14 ore in piedi, con divieto persino di appoggiarsi alle pareti; autolimitazione nel bere per la proibizione dell’uso della toilette; divieto di uso degli ascensori anche per motivo di lavoro per non infastidire i clienti: queste le condizioni di lavoro, oltre ai bassi salari, contro le quali si sono mobilitate le commesse.
Il governo del Kerala, comunista (marxista) !, ci ha messo quattro anni a interessarsi della lotta e ora emetterà addirittura una legge per permettere alle lavoratrici un atto cosi semplice come il sedersi.
Padroni e sedicenti comunisti: un bel fardello che i proletari indiani dovranno scuotersi di dosso!

Da noi la situazione non è molto diversa: in tutte le fabbriche i ritmi sono intensificati e spesso le pause sono di fatto eliminate.
Il capitale ha recuperato ed  è fuori dalla crisi, anche spremendo maggiormente i lavoratori con l’eliminazione dei tempi di pausa (per i capitalisti tempi morti) nella giornata lavorativa. E questo grazie anche ai sindacalisti che propagandano continuamente l’idea di  lavorare ai ritmi voluti dai padroni per uscire dalla crisi.
Un bel fardello anche per gli operai italiani che si devono scuotere di dosso.

NdR: Chi sarebbe il figuro “ministro del lavoro” del Kerala? Uno alla Fassino, Chiamparino, Veltroni e compagnia brutta ? No! Loro non si sarebbero mai accorti del problema .

Il 4 luglio il governo del Kerala, uno stato meridionale dell’India, ha annunciato che cambierà le proprie leggi per garantire ai commessi l’irippu samara, cioè il diritto di sedersi durante il turno di lavoro. L’annuncio è arrivato dopo quattro anni di proteste organizzate dall’Asanghatitha Meghala Thozghilali Union (AMTU), un piccolo sindacato di lavoratrici. Si stima che nel Kerala 400mila persone lavorino nei negozi di tessuti e che il 90 per cento siano donne. Attualmente la maggior parte dei proprietari di negozi di sari, i tradizionali indumenti femminili indiani fatti di fasce di stoffa lunghe fino a nove metri, impongono alle proprie dipendenti condizioni di lavoro durissime e tra le altre cose non permettono loro di sedersi.
L’AMTU è stato fondato quattro anni fa per occuparsi dei diritti delle commesse, trascurate dai sindacati guidati dagli uomini. Nel 2014 la sua fondatrice, l’attivista di 44 anni Viji Penkoot, si è resa conto che alla maggior parte delle donne che lavoravano come commesse nei negozi di Kozhikode, una città del Kerala, era vietato sedersi durante il proprio turno, e veniva decurtato lo stipendio nel caso lo facessero. In alcuni casi è proibito anche solo appoggiarsi al muro; le lavoratrici vengono controllate dai datori di lavoro grazie alle telecamere disposte nei negozi.
Una commessa ha raccontato al Guardian che lei e le sue altre 120 colleghe non possono mai sedersi, sebbene lavorino per turni di 12 o 14 ore e siano costrette a fare quattro piani di scale più volte al giorno per accompagnare i clienti alle casse al piano terra. Non possono nemmeno usare l’ascensore presente nel negozio, perché i clienti si sono lamentati di doverci salire in loro compagnia. Solitamente le commesse di questi negozi appartengono alle classi economicamente più svantaggiate della società indiana. Penkoot ha detto al Guardian che le commesse fanno anche attenzione a bere poco, perché non possono andare in bagno quando vogliono: anche per questo sviluppano vari problemi di salute, come dolori alle articolazioni, vene varicose e infezioni all’apparato urinario.
L’8 marzo 2014, a Kozhikode, l’AMTU organizzò un corteo in cui un gruppo di donne camminava tenendo delle sedie sollevate: fu solo la prima di una serie di manifestazioni su questo tema. Il sindacato ha circa 700 membri, non tantissimi, ma è comunque riuscito a organizzare molte proteste, ottenendo negli anni piccole migliorie nelle condizioni delle lavoratrici di singoli negozi.
Le condizioni di lavoro delle commesse dei negozi di tessuti del Kerala non sono buone anche per altre ragioni, oltre alla questione del diritto di sedersi: gli stipendi sono molto bassi, la pausa pranzo dura solo trenta minuti e i turni molto più di otto ore. La proposta di legge che il governo del Kerala ha annunciato stabilisce che il salario minimo mensile debba essere pari a circa 120 euro, che una giornata lavorativa non possa durare più di 10 ore compresi gli straordinari e che i dipendenti abbiano diritto a una pausa dopo cinque ore di lavoro. Inoltre avranno il diritto di sedersi su una sedia o su uno sgabello forniti dal datore di lavoro.
Penkoot comunque non è del tutto soddisfatta della riforma annunciata: dice che i commessi potranno sedersi durante le pause senza specificare se nelle pause previste ogni cinque ore di lavoro oppure anche nei momenti liberi tra l’assistenza a un cliente e un altro.