sabato 15 agosto 2020

Il primo capo dei servizi di sicurezza sovietici

"L'UOMO DI FERRO" FELIKS DZERZINSKIJ
"Non pensate che io cerchi forme di giustizia rivoluzionaria; in questo momento non è di giustizia che abbiamo bisogno. Adesso è questione di guerra faccia a faccia, di lotta all'ultimo sangue. O vita o morte! Io propongo, anzi, esigo, un organo per la resa rivoluzionaria dei conti con i controrivoluzionari."
(Discorso di Dzerzinskij al Sovnarkom, 20 dicembre 1917)
Il 20 dicembre 1917 nacque la CEKA (letteralmente "Comitato straordinario di tutte le Russie per combattere la controrivoluzione e il sabotaggio"), antenata del KGB, che aveva nel simbolo uno scudo, per proteggere la rivoluzione, ed una spada, per colpire i suoi nemici. A guidare il nuovo organismo venne posto Feliks Dzerzinskij, nato da famiglia benestante polacca nel 1877 ma ben presto diventato "il più acceso nemico del nazionalismo", tanto da allearsi con i bolscevichi dopo aver fondato il Partito Socialdemocratico del Regno di Polonia e Lituania assieme a Rosa Luxemburg.
Il compromesso di qualsiasi tipo era estraneo alla personalità di Dzerzinskij. Nel 1901 scrisse:
"non sono capace di odiare o di amare a metà, non riesco a dare metà della mia anima. Posso solo darmi per intero: o tutto o niente."
Nella sua carriera di rivoluzionario nella Russia zarista e in Polonia, Dzerzinskij non fu mai fuori dal carcere per più di tre anni. Fu arrestato la prima volta nel 1897, in seguito alla denuncia di un giovane operaio "sedotto da dieci rubli offerti dai gendarmi". Quando, vent'anni più tardi, uscì definitivamente dalla Prigione Centrale di Mosca dopo la Rivoluzione di febbraio, aveva trascorso complessivamente 11 anni in carcere, in esilio o ai lavori forzati, ed era evaso tre volte. Appena libero Dzerzinskij si alleò con i bolscevichi, entrando a far parte del Comitato Centrale bolscevico, ed ebbe un ruolo importantissimo nella Rivoluzione d'ottobre.
Nel suo primo anno come capo della CEKA, Dzerzinskij lavorò, mangiò e dormì nel proprio ufficio alla Lubjanka. La sua capacità di sopportazione e lo stile di vita spartano gli valsero il soprannome di "Feliks uomo di ferro". Il "vecchio cekista" Fedor Timofeevic Fomin così illustrò più tardi, la determinazione con cui Dzerzinskij rifiutava qualsiasi privilegio che non fosse concesso anche agli altri cekisti:
"Un vecchio inserviente gli portava la cena dalla mensa comune usata da tutti i dipendenti della CEKA. A volte cercava di servire a Feliks Edmundovic qualche piatto un po' migliore o più gustoso. Feliks Edmundovic lo guardava di traverso con occhi inquisitori e chiedeva: "Vuoi dirmi che tutti hanno avuto questo per cena, stasera?". Il vecchio, nascondendo il proprio imbarazzo, si affrettava a rispondere: "Tutti, tutti quanti, compagno Dzerzinskij"."
Come Lenin, Dzerzinskij era un incredibile maniaco del lavoro, pronto a sacrificare sè stesso e gli altri alla causa della Rivoluzione. "La mia forza" dichiarò nell'ultimo discorso che tenne prima di morire "deriva dal non essermi mai risparmiato". La citazione più frequente nei testi usati poi dal KGB era il precetto di Dzerzinskij secondo cui i cekisti dovessero avere "cuore caldo, mente fredda e mani pulite."
Il culto di Dzerzinskij iniziò subito dopo la sua morte, avvenuta nel 1926. Per anni nel circolo ufficiali del KGB, in una sala delle conferenze, l'effigie di Dzerzinskij in uniforme, con la maschera mortuaria e il calco delle mani, rimase collocata in una bara di vetro come oggetto di venerazione così come lo erano le spoglie imbalsamate di Lenin nel mausoleo della Piazza Rossa. Tutti i giovani funzionari del Primo Direttorato Centrale (Servizio Segreto Estero del KGB) dovevano, all'inizio della carriera, deporre fiori o corone davanti ad un grande busto di Dzerzinskij posto su un piedistallo di marmo, costantemente circondato da fiori freschi. I novizi dovevano inoltre osservare un minuto di silenzio a capo chino, come gli ex combattenti davanti alla tomba del soldato ignoto.
(fonte: "La storia segreta del KGB" di Andrew & Gordiewskij, pp. 52-57)
[nell'immagine si vede un'opera (olio su tela) del 1959 che ritrae Lenin e Dzerzinskij che ascoltano un rapporto di Fedotov


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