Il Giornale del Popolo ha tirato gli ultimi.
Don Alfredo Leber l’aveva aperto novantadue anni fa, in un
Ticino ancora rurale, per dare una mano nostrana a“far muro” al comunismo; Valerio Lazzeri, vescovo attento alle regole dell’economia finanziarizzata,
l’ha portato in Pretura giovedì scorso. Chiuso, fertig, stop.
Morto un papa se ne fa un altro? Speriamo di no; anche
perché l’unico problema serio che lascia la vicenda non è certamente l’avvenire
professionale dei colonnelli in redazione, semmai quello dei salariati
semplici. Vedrete però che con appoggi, spintarelle, cinguettii e passaparola, questi
non saranno certo costretti a fare spesa a Tavolino
magico.
Rifuggo dal politicamente
corretto e aggiungo che un
quotidiano in meno non cambia di una virgola l’informazione(eufemismo!)
complessiva proposta ai cittadini di questo Cantone, men che meno se essa viene (veniva) da sponde bagnate ancora con l’acqua santa.
E poi gli interessati hanno un’opzione di cui molti loro
simili non possono avvalersi: Affidare ciò che resta del proprio futuro
professionale alla divina provvidenza.
Mi pare che questo sia il momento opportuno per vedere se funziona!
O no?
La redazione e il frate "ricevi oboli"
Nessun commento:
Posta un commento